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L’onere di immediata impugnazione della "lex specialis" di gara vale anche (e soprattutto) per le clausole che incidono sulla formulazione dell’offerta economica

La sentenza del TAR Lazio, Roma, sez. III Quater, n. 3288 del 23 marzo 2018 offre l’occasione per fare il punto sulla dibattuta questione relativa all’individuazione delle clausole della legge di gara che vanno immediatamente impugnate, senza attendere l’aggiudicazione definitiva.

Il caso esaminato dal TAR del Lazio era relativo ad una procedura di gara volta all’individuazione di un’agenzia del lavoro con cui concludere un accordo quadro per l’affidamento del servizio di somministrazione di lavoro a tempo determinato per alcune figure professionali di supporto all’area tecnico-amministrativa e sanitaria di una ASL. La società classificata al quarto posto della graduatoria (precedente gestore del servizio) aveva impugnato il provvedimento di aggiudicazione definitiva sostenendo che il margine di agenzia (cd. moltiplicatore unico) offerto dall’aggiudicataria, così come quello proposto dalla seconda e dalla terza classificata, fosse insufficiente e non congruo per coprire i costi del servizio ed in particolare quello per l’assenteismo del personale. Per potere sostenere ciò, la ricorrente aveva impugnato in via incidentale la clausola del disciplinare di gara che, nel prevedere la forbice (tra un importo minimo ed uno massimo) entro la quale doveva essere formulata l’offerta economica, aveva fissato un valore minimo del cd. moltiplicatore molto più basso rispetto al costo dell’assenteismo che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere considerato dai concorrenti ai fini della formulazione di un’offerta economica congrua ed attendibile.

Il TAR, accogliendo l’eccezione sollevata dall’Azienda resistente e dai controinteressati, ha dichiarato tardiva l’impugnazione della clausola del disciplinare che prevedeva il valore minimo del moltiplicatore, stabilendo che, trattandosi di una previsione che incide in via diretta sulla formulazione di un’offerta attendibile e congrua, avrebbe dovuto essere immediatamente impugnata, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del bando.

Secondo la giurisprudenza, infatti, vanno impugnate nel termine ordinario di trenta giorni dalla pubblicazione della lex specialis non solo le clausole cd. escludenti, attinenti cioè ai requisiti di partecipazione alla procedura di gara, ma anche quelle che impongono la formulazione di un’offerta in termini antieconomici, impedendo cioè un’offerta congrua che assicuri un apprezzabile utile di impresa, ovvero gravi il concorrente di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale (ex multis, Tar Lombardia Milano, IV, 20 dicembre 2017, n. 2421, Tra Campania, Napoli, V, 3 novembre 2017, n. 5127).

In particolare, il risalente indirizzo giurisprudenziale (attestato sulle indicazioni dell’Adunanza Plenaria n. 1/2003) secondo cui andavano impugnate immediatamente solo le clausole del bando cd. escludenti è stato progressivamente superato dalla giurisprudenza che ha ampliato i casi in cui devono essere impugnati direttamente gli atti di gara, stabilendo che devono essere impugnate immediatamente le clausole della lex specialis che determinano una errata impostazione del confronto concorrenziale tra i partecipanti alla gara, che non potrebbe che riflettersi sul suo esito (di recente cfr. TAR Sicilia, Palermo, 2 febbraio 2018, n. 304).

A tal riguardo, il Consiglio di Stato, sez. III, con l’ordinanza del 7 novembre 2017, n. 5138 (di rimessione all’Adunanza Plenaria di diverse questioni concernenti l’onere di immediata impugnazione della lex specialis) ha evidenziato che, sia le recenti novità apportate dal D.Lgs. n. 50/2016 che la giurisprudenza più recente, depongono per l’affermazione del principio di diritto secondo cui “tutte le clausole attinenti le regole “formali” e “sostanziali” della gara debbano essere immediatamente impugnate, con eccezione delle prescrizioni generiche e incerte, il cui tenore eventualmente lesivo è destinato a disvelarsi solo con i provvedimenti attuativi”. La logica sottesa al suddetto principio è quella di consentire una verifica immediata sulla legittimità del bando, senza attendere che, con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione ed una volta chiuso il giudizio sulle ammissioni dei concorrenti eventualmente instauratosi, possano rivivere questioni sulla legittimità delle clausole della lex specialis che, invece, da un punto di vista logico, sono il presupposto delle successive valutazioni compiute dalla Commissione e dell’aggiudicazione della gara. Dunque, come evidenziato nella citata ordinanza del Consiglio di Stato, a seguito dell’entrata in vigore del D.lgs n. 50/2016, si configura in capo all’operatore economico che partecipa alle gare pubbliche un interesse non solo al conseguimento dell’aggiudicazione (inteso come bene della vita meritevole di protezione), ma anche a competere ad una selezione pubblica secondo regole corrette rispettose dei principi di legalità, concorrenza e par condicio, con il conseguente onere di impugnare immediatamente gli atti a proprio dire lesivi dei suddetti principi.

Peraltro, con la pronuncia n. 2014/2017 (che sebbene relativa al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, ha una portata più generale, perché viene fatto un discorso di carattere sistematico), il Consiglio di Stato ha evidenziato che: “il ricorrente è ammesso a far valere la violazione dell’obbligo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, insieme a tutti gli altri vizi di legittimità del bando che non attengano a clausole escludenti, a prescindere se la mancata aggiudicazione sia riferita, o meno, proprio all'operare di quella o di quelle clausola (si pensi, oltre che al criterio di aggiudicazione, alla difettosa composizione del seggio di gara o alle previsioni sulle modalità di apertura delle buste o, in generale, alle norme sul modus procedendi). In questi casi non è cioè necessaria la dimostrazione che, in assenza del vizio, l'aggiudicazione sarebbe stata senz'altro riconosciuta al ricorrente, costituendo, la violazione delle norme di legge, un sintomo della cattiva organizzazione e gestione della gara e conseguentemente dell'erroneità dei suoi esiti. Se così è, allora, non v’è ragione alcuna per attendere, al fine di invocare tutela, che la procedura di concluda con l’aggiudicazione a terzi. Tale soluzione non risponderebbe a finalità deflattive ed anzi inficerebbe quelle legate al pur contemplato onere di impugnazione delle ammissioni; non risponde del resto a finalità di coerenza giuridica o dogmatica, poiché il postergare l'impugnazione della lex gara finanche quando la violazione è già conclamata, può avere un senso solo in relazione a clausole che non violino immediatamente l’interesse del singolo imprenditore, è così certamente non è per quelle che gli impediscono di concorrere sulla qualità; è inoltre contraria al dovere di leale collaborazione ed al rispetto del principio di legittimo affidamento, immanenti anche nell’ordinamento amministrativo”.

È in questo contesto che, nel caso esaminato nella sentenza in commento, andava inquadrato l’onere di immediata impugnazione della clausola mediante la quale la stazione appaltante aveva cristallizzato le condizioni di ammissibilità dell’offerta, consentendo la presentazione di un importo economico, nell’ottica della società ricorrente, affetto da contraddittorietà irrisolvibile e non congruo e/o adeguato per il corretto svolgimento del servizio con un margine di remunerazione per l’operatore economico.

 

A cura dell’Avv. Ester Santoro

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