Con la sentenza n. 12640 del 22 dicembre 2017, la Sezione Terza Quater del TAR del Lazio ha affrontato, con argomentata motivazione, la questione relativa all’includibilità dell’illecito antitrust, sanzionato dall’AGCM, tra le condotte valutabili in chiave espulsiva dalla stazione appaltante, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c) del D.Lgs. n. 50/2016 (nuovo Codice dei Contratti Pubblici), soffermandosi anche sulla motivazione (nel caso di specie ritenuta legittima) che deve essere fornita dall’Amministrazione e sull’obbligo di preventiva attivazione del contraddittorio procedimentale, con particolare riguardo alle misure di self cleaning.
La fattispecie verteva sulla legittimità del provvedimento di esclusione da una gara per l’affidamento del servizio di pulizia presso i locali di una ASL, adottato nei confronti di una Società sanzionata dall’AGCM per avere posto in essere, nell’ambito di una gara avente ad oggetto il medesimo servizio, un’intesa restrittiva della concorrenza, contraria all’art. 101 TFUE, volta a condizionare gli esiti della competizione, attraverso l’eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti.
Il TAR, respingendo la censura relativa alla violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, ha chiarito che l’art. 80, comma 5, lett. c) del nuovo Codice “depone senz’altro per l’inclusione del cd. illecito antitrust tra le condotte professionali valutabili ai fini della possibile esclusione di un concorrente da una gara pubblica, ancorché non espressamente menzionato nel catalogo disegnato dalla lettera c”. Il nuovo dettato normativo prevede, infatti, un’elencazione puramente esemplificativa dei gravi illeciti professionali, idonei a rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità di un operatore economico. Detto carattere non solo emerge in termini chiari dalla formulazione letterale della disposizione (“tra questi rientrano”), ma è avvalorato dal parere n. 2286/2016 reso sulle Linee Guida ANAC n. 6 dalla Commissione Speciale istituita presso il Consiglio di Stato, dalla Direttiva 2014/24/UE (che, al considerando n. 101 e all’art. 57, comma 4, lett. d, prevede espressamente la possibilità di esclusione di un operatore economico che ha sottoscritto accordi intesi a falsare la concorrenza) e dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenza n. 5704 del 4.12.2017) che ha evidenziato come la nuova disposizione normativa sia innovativa rispetto al previgente art. 38, comma, lett. f) del D.Lgs. n. 163/2006.
Il Collegio ha sottolineato che la locuzione “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità” racchiude un “concetto giuridico indeterminato”, il cui accertamento deve essere oggetto della valutazione discrezionale dell’Amministrazione che, oltre a dovere essere adeguata e congruamente motivata, non è libera in via assoluta in quanto deve tenere conto dei principi che regolano la materia dei contratti pubblici ed in primis delle regole poste a tutela della concorrenza, le quali costituiscono il presupposto per il favor participationis, cui è funzionale il principio di tassatività delle cause di esclusione. In questi termini, l’inclusione dell’illecito antitrust tra le condotte valutabili ai fini dell’integrità e dell’affidabilità di un operatore economico non costituisce una violazione del principio di tassatività delle cause di esclusione, in quanto mira piuttosto a garantire l’applicazione ragionevole della sanzione espulsiva in caso di adozione di condotte anticoncorrenziali che compromettono l’esigenza di selezionare un contraente affidabile ed integro sotto il profilo professionale.
Il TAR ha, inoltre, ravvisato che, nel caso di specie, la stazione appaltante avesse correttamente adempiuto all’obbligo di fornire una precipua motivazione in ordine alla gravità e alla rilevanza dell’illecito antitrust, evidenziando che fosse privo di rilevanza il mancato passaggio in giudicato della sentenza del Giudice Amministrativo con cui era stato accertato l’illecito sanzionato dall’AGCM. Il passaggio in giudicato della sentenza di accertamento dell’illecito antitrust non è, infatti, richiesto dall’art. 80, comma 5, lett. c) del Codice come requisito legittimante l’esclusione dalle procedure di gara. Né poteva essere considerata dirimente la circostanza che nella prima versione delle Linee Guida n. 6 (in vigore alla data di adozione del provvedimento impugnato) si facesse riferimento ai provvedimenti di condanna dell’AGCM “confermati con sentenza passata in giudicato”, in quanto le Linee Guida, peraltro prive di portata vincolante, non potrebbero prevedere un requisito non contemplato nella normativa primaria; ciò senza considerare che la versione aggiornata delle Linee Guida non richiama più la necessità del passaggio in giudicato dei provvedimenti antitrust, ma sembra addirittura consentire alle stazioni appaltanti di valutare gli illeciti a prescindere da qualsiasi filtro giudiziario.
Sempre sotto il profilo della compiutezza della motivazione fornita dalla ASL, il Collegio ha rilevato che correttamente era stato considerato il lasso di tempo modesto decorso tra la data di accertamento del fatto (2015, con sentenza di accertamento dell’illecito del 2016 per quanto riguarda il TAR e del 2017 per quanto riguarda il Consiglio di Stato) e quella di adozione del provvedimento espulsivo (luglio 2017). A tale riguardo, il Collegio ha rigettato la tesi della ricorrente secondo la quale, ai sensi dell’art. 57, comma 7, della Direttiva 24/2014/UE, il periodo di rilevanza temporale dell’illecito de quo doveva essere circoscritto a tre anni, decorrenti dalla data di realizzazione del fatto (vale a dire, dell’intesa anticoncorrenziale, risalente al 2012). In termini generali, il TAR ha chiarito che l’espressione utilizzata dalla Direttiva relativa alla decorrenza del triennio “dalla data del fatto” va intesa come “data del fatto definitivamente accertato”, in quanto l’art. 80, comma 10, del Codice, nel dare attuazione per l’appunto all’art. 57 del Direttiva, ancora la decorrenza del triennio (sia pure con riferimento alla rilevanza delle condanne penali) alla data del loro accertamento definitivo (recependo l’indicazione che era stata fornita dal Consiglio in sede di parere alla schema del codice). Peraltro, nel caso concreto, una diversa opzione interpretativa, che avrebbe fatto decorre il triennio dalla commissione dell’intesa anziché dal suo accertamento giudiziale, sarebbe risultata sostanzialmente abrogatrice della fattispecie escludente in esame, in quanto già al momento dell’accertamento dell’illecito da parte del TAR era decorso il triennio, mentre se la p.a. avesse disposto detta esclusione prima dell’accertamento giudiziale, quantomeno di primo grado, si sarebbe sentita opporre dall’interessato la mancanza di certezza e stabilità del provvedimento.
Il TAR, pur ritenendo corretta la motivazione del provvedimento espulsivo rispetto ai profili dianzi esaminati, ha annullato il provvedimento sotto il profilo della mancata attivazione del contraddittorio procedimentale sulle misure di self cleaning, ricavabile dall’art. 80, comma 7, del Codice nonché dalla Linee Guida ANAC. Nel caso di specie, secondo il Collegio, avendo il concorrente dichiarato al seggio di gara la realizzazione dell’illecito antitrust e le successive giudiziarie, indicando le misure di self cleaning adottate per prevenire la commissione di ulteriori illeciti, l’Amministrazione, ai fini della valutazione discrezionale sulla qualità e sulla portata delle singole misure, avrebbe dovuto consentire al concorrente di dimostrare la sufficienza delle azioni intraprese ovvero di produrre documenti ad ulteriore dimostrare dell’efficienza del sistema organizzativo improntato.
Infatti, mentre può prescindersi dall’attivazione del contraddittorio nel caso in cui il concorrente renda dichiarazioni mendaci o reticenti (cfr. sentenza del Consiglio di Stato n. 4192/2017), analoga esenzione non può valere nel caso l’operatore economico sia mostrato “leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, rendendola edotta di tutti i suoi precedenti, anche se negativi” mettendo l’Amministrazione nella condizione di effettuare la valutazione discrezionale. In quest’ultima ipotesi, l’attivazione del contraddittorio procedimentale costituisce un obbligo per la stazione appaltante e “si atteggia a impretermissibile contrappunto e concretizzazione del concetto giuridico indeterminato sopra richiamato e assunto dall’art. 80, comma 5, a chiave di volta del sistema delle esclusioni”.
A cura dell’Avv. Ester Santoro