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Gravi illeciti professionali: va dichiarata la risoluzione del contratto di appalto per inadempimento anche se contestata e sub iudice

Con la sentenza n. 5500 del 24 settembre 2018, la Quinta sezione del Consiglio di Stato ha chiarito la portata degli oneri dichiarativi esistenti in capo ai concorrenti in ordine a possibili gravi illeciti professionali e, in particolare, all’esistenza di una risoluzione per inadempimento disposta nell’ambito di un precedente affidamento. 

Nonostante la decisione riguardi un appalto regolato ratione temporis dal d.lgs. 163/2006, i principi di diritto espressi dal Supremo Consesso della giustizia amministrativa sono applicabili anche all’attuale disciplina prevista dall’art. 80 del d.lgs. 50/2016. 

Secondo i Giudici del Consiglio di Stato, le imprese che partecipano a gare pubbliche “sono tenute a dichiarare qualunque circostanza che possa ragionevolmente avere influenza sul processo valutativo demandato all’Amministrazione”. Tra queste circostanze rientrerebbe la risoluzione del contratto disposta da una stazione appaltante per grave inadempimento dell’impresa anche se contestata e/o ancora sub iudice. 

I Giudici amministrativi pervengono a detta conclusione considerato che il potere di apprezzamento discrezionale in ordine alla sussistenza dei necessari requisiti di integrità e affidabilità è riservato all’amministrazione che può accertarne la presenza con qualunque mezzo di prova. In tale contesto, il concorrente, in ossequio a generali obblighi di leale collaborazione con la stazione appaltante, “è tenuto a segnalare tutti i fatti della propria vita professionale potenzialmente rilevanti per il giudizio della stazione appaltante in ordine alla sua affidabilità quale futuro contraente, a prescindere da considerazioni su fondatezza, gravità e pertinenza di tali episodi”.

Quindi, l’omessa dichiarazione circa una precedente risoluzione contrattuale per inadempimento è causa autonoma di esclusione, poiché costituisce violazione dell’obbligo dichiarativo senza che rilevi, in proposito, l’effettiva decisione dell’amministrazione circa l’integrità e l’affidabilità del concorrente. 

Nonostante la ragionevolezza della decisione in commento, si segnala che questa non costituisce opinione pacifica in giurisprudenza stante l’esistenza di decisioni difformi rese, di recente, anche in seno alla stessa sezione del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, sez. III, ordinanza n. 4225 del 7 settembre 2018; Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2018, n. 5136).

A margine, il Consiglio di Stato ha anche avuto modo di precisare che rientrano nei gravi illeciti professionali che devono essere dichiarati in occasione della partecipazione alla gara pubblica anche quelli commessi da una società incorporata dal concorrente prima della formulazione dell’offerta e ciò in quanto, in seguito alla fusione, la società incorporata non si estingue, ma si integra con l’incorporante con conseguente conservazione dell’identità - e delle esperienze pregresse - seppur nell’ambito di un nuovo assetto organizzativo.  

Per il testo della sentenza clicca qui    

A cura di: Avv. Giampaolo Austa 

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