Massima: Il Collegio è consapevole che, nella giurisprudenza di questa Sezione, l’orientamento secondo il quale, sulla base di una lettura complessiva dell’art. 80, comma 5, lettere c) e f-bis) – nella formulazione previgente al d.l. 135/2018, che, tra l’altro, ha eliminato la connotazione della risoluzione contrattuale rilevante come “non contestata in giudizio, ovvero confermata all'esito di un giudizio” - sussiste per i concorrenti l’obbligo di dichiarare tutte le risoluzioni a pena di esclusione (cfr. Cons. Stato, III, n. 7231/2018, n. 3331/2019 e n. 3908/2019; n. 5084/2018), prevale sull’orientamento secondo cui, viceversa, in presenza di giudizio pendente l’obbligo dichiarativo non sussiste (cfr. V, n. 2063/2018; III, n. 4266/2018) e l’omessa dichiarazione, in quanto diversa dalla dichiarazione non veritiera, cioè falsa, non può rilevare come causa di esclusione ex lettera f- bis (cfr. V, n. 196/2019 e n. 2407/2019).
Fatto: La controversia origina da una gara telematica indetta dal Soggetto aggregatore della Regione Puglia, avente ad oggetto i “servizi integrati per la gestione di apparecchiature elettromedicali delle Aziende Sanitarie della Regione”. Nello specifico, un concorrente non aggiudicatario della gara contestava davanti al T.A.R. il provvedimento di ammissione del soggetto risultato poi vincitore, lamentando la mancata esclusione dello stesso ai sensi dell’art. 80 co. 5 lett. c) ed f-bis). La ricorrente, nella fattispecie, denunciava l’omessa dichiarazione di una precedente risoluzione contrattuale subita dall’aggiudicatario, anche se sub iudice. Il Giudice di prime cure rigettava il ricorso e conseguentemente la soccombente proponeva appello avverso la decisione.
Motivi della decisione: La sentenza in commento esamina le disposizioni di cui alle lett. c) ed f- bis) dell’art. 80 co. 5 del Codice dei Contratti Pubblici, che comportano l’esclusione per violazione, in senso lato, degli obblighi dichiarativi.
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha dovuto decidere se applicare o meno la sanzione dell’esclusione automatica nei confronti di un operatore economico che non aveva dichiarato di aver subito una risoluzione contrattuale di un precedente rapporto negoziale con la P.A., perché sub iudice.
Preliminarmente, il Collegio prende posizione in merito agli orientamenti giurisprudenziali che connotano la materia dei c.d. obblighi informativi, affermando di aderire alla consolidata giurisprudenza della Sezione Terza. I concorrenti, sostiene il Giudice d’appello, sono tenuti a dichiarare tutte le risoluzioni a pena di esclusione automatica (lett. f-bis), non importa se divenute definitive o meno. Ciò in quanto “la pendenza del giudizio civile avente ad oggetto un provvedimento di risoluzione non impedisc[e] alla stazione appaltante di effettuare la valutazione sull’affidabilità dell’operatore”.
Questa tesi contrasta con quella sostenuta dalla Sezione Quinta, che invece interpreta restrittivamente il complesso degli obblighi dichiarativi in capo ai concorrenti, affermando che, le risoluzioni ancora sub iudice al momento della partecipazione alla gara, non rientrano fra i fatti da comunicare a pena di esclusione. Inoltre, secondo la Quinta Sezione, l’omessa dichiarazione è cosa diversa dalla dichiarazione non veritiera, e dunque non può giustificare un’esclusione automatica ai sensi della lett. f-bis).
Fatta questa premessa, il Collegio esamina il merito della questione, precisando che, in quel caso, la dichiarazione era stata effettuata dall’operatore economico in un momento storico in cui (i) vi era un contrasto giurisprudenziale, (ii) il modello allegato dalla stazione appaltante prevedeva la dichiarazione solo delle risoluzioni “non contestate in giudizio” e (iii) la risoluzione non risultava iscritta nel Casellario ANAC. Peraltro, anche le Linee guida ANAC n. 6 pubblicate al momento della dichiarazione (versione antecedente all’11 Ottobre 2017), limitavano l’obbligo informativo dei precedenti illeciti professionali a quelli che fossero stati iscritti nel Casellario Informatico. Per questo, l’operatore economico che non ha dichiarato la precedente risoluzione contrattuale vantava, in quel caso, un legittimo affidamento sul fatto che il suo onere dichiarativo fosse limitato alle sole risoluzioni contrattuali non contestate in giudizio.
Conseguentemente, in questo caso, il Consiglio di Stato ha ritenuto “che l’applicazione di una sanzione automaticamente espulsiva sarebbe sproporzionato e lesivo del legittimo affidamento suscitato anche da atti interpretativi dell’Autorità di settore” e ha rigettato l’appello.
A cura di: Avv. Giampaolo Austa
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